Mentre per la precedente mutazione (D614G) abbiamo già molti dati (anche di laboratorio) che confermano il fatto che il virus è diventato più contagioso a causa di questa mutazione, ma non più virulento e non resistente ai vaccini (Baric sull'ultimo numero di NEJM), per quanto concerne questa variante inglese sappiamo ancora troppo poco: sappiamo che contiene la stessa mutazione D614G, ma anche altre cinque o sei mutazioni (non solo puntiformi/stocastiche, ma anche delezioni ecc.) tutte nella stessa zona (quella che codifica la famosa proteina Spike).
E questo è indubbiamente importante perché dimostra che non si tratta di "mutazioni casuali", ma di mutazioni conseguenti alla pressione che il nostro sistema immunocompetente sta esercitando sul virus. I dati epidemiologici inglesi fanno capire che le nuove mutazioni hanno già reso il virus più contagioso (si parla addirittura di un aumento di contagiosità del 70%) e anche il fatto che ci siano già casi in Belgio, Olanda, e in altri paesi tra cui l'Italia sembra attestarlo. Ma è ancora troppo presto per dire che effetto avrà. Preoccupa il fatto che alcuni ricercatori abbiano affermato (non si sa su quali basi) che il nuovo ceppo potrebbe dare problemi nei bambini.
Per quanto concerne invece una possibile ridotta efficacia dei vaccini questo è impossibile allo stato attuale da prevedere. Bisognerà aspettare gli esiti degli studi su ratti o altri animali da laboratorio (vaccinati). Rimane il fatto che più il virus circola, più aumentano le mutazioni e quindi è inevitabile che vaccini creati sulla base delle sequenze precedenti a quelle mutate perdano via, via di efficacia. Senza dimenticare che anche le vaccinazioni determinano un incremento di pressione selettiva.
Prof. Ernesto Burgio
Pediatra ed esperto in biologia molecolare ed epigenetica presso ECERI (European Cancer and Environment Research Institute – Bruxelles) e Gruppo COVID della SIPPS (Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale)