Alfonso D’Apuzzo - Napoli, Doina Anca Plesca – Bucharest, Gjeorgjina Kuli Lito - Tirana, Enkeleda Kadiu - Tirana, Alketa Hoxha Qosja - Tirana, Maria Vendemmia - Napoli
Abstract
Molybdenum cofactor deficiency is a rare autosomal -recessive disease, leading to a combined deficiency of the enzyme sulfite-oxidase, xanthine deydrogenase, and aldehyde oxidase. The main features are, axial hypotonia, peripheral hypertonicity, neonatal seizures unresponsive to antiepileptic drugs, lens dislocation, abnormal facial features, feeding difficultes, urinary calculi, and mental retardation.Laboratory analisis showed decreased uric acid levels in serum, in urine increased excretion of sulfite, thiosulphate, S-sulfocysteine, taurine, xantine, and hypoxanthine. We describe a patient, was a 6 month-old baby infant, who was born a normal delivery by consanguineus parents. The patient had convulsions on the second day of life, which were resistent to therapy. The cranial ultrasound examination showed encephalomalacia with cystic changes attribuited to anoxia. The imaging finding suggested hypoxic --ischemic encephalopathy. The appearance of hipoxic -ischemic encephalopathy and involvement of basal ganglia and talami with increased T1 signal intensity and, particularly, the subcortical cystic changes on imaging studies of a newborn who presents with early intractable seizures may warn for a diagnosis of molybdenum cofactor deficiency. A urine sulfite diptest must be a routine part of evaluation of these patients in neonatal intensive care units. Routine biochemical investigations of blood, urine were normal. Blood uric acid levels were low. The diagnosis of molibdenum cofactor deficiency was considered by low blood uric acid levels and seizures unresponsive to therapy. For positivity urine sulfite stick test and an increased of S—sulfo-l-cysteine, hipoxanthine, xanthine., thiosulfate in the urine, the diagnosis was confirmed by skin fibroblast culture with molybdenum cofactor deficiency.
Summary
Il deficit del cofattore molibdeno è una affezione rara a trasmissione autosomica recessiva, caratterizzata da convulsioni neonatali non responsive agli antiepilettici, encefalopatia progressiva (ipotonia assiale, ipertonicità periferica,), lussazione del cristallino, dismorfismi craniofacciali (aspetto del volto grossolano), disturbi digestivi. Eziologicamente il deficit del cofattore molibdeno, secondario alle mutazioni dei geni MOCS1 (6p,2) o MOCS2 /5q11) causa deficit degli enzimi: Sulfito-ossidasi, Xantina -- deidrogenasi, e aldeide--ossidasi. LA mutazione del gene SUOX (12Q 13.13) determina deficit isolato di solfito –ossidasi,, che fisiologicamente catalizza i solfiti in solfati,, essenziali nel catabolismo degli aminoacidi contenenti zolfo, I difetti della sintesi del molibdeno esitano anche nel deficit della Marc (mitocondrial amidaxime reducing component) La nostra paziente è una neonata, nata a termine da gravidanza normocondotta, da genitori consanguinei, Peso, lunghezza, circonferenza cranica nella norma, In seconda giornata di vita comparsa di manifestazioni convulsive resistenti alla terapia antiepilettica, lievi alterazioni della conformazione del volto, esame neurologico negativo. L’ecografia cerebrale e la TC encefalica mostrano formazioni cistiche, che vengono attribuite ad anossia. Gli esami di laboratorio di routine sono normali del sangue, urine e del liquido cerebrospinale, così come il lattato sierico, il piruvato, l’ammoniemia, e l’aminoaciduria. Il livello ematico dell’acido urico è diminuito. L’associazione dell’ipouricemia e la resistenza agli antiepilettici, orienta per la deficienza del cofattore molibdeno. La positività del test rapido per l’identificazione dei solfiti nelle urine, cui segue l’aumento nelle urine di S-sulfo-L-cysteina, ipoxantina, xantina all’elettroforesi ad alto voltaggio dell’analisi quantitativa degli aminoacidi, e l’aumento urinario di tiosolfato, danno la certezza del deficit del cofattore di molibdeno, confermato dal deficit di attività della solfito-ossidasi nella cultura dei fibroblasti cutanei.
Discussione
La clinica del deficit del cofattore molibdeno è similare al deficit isolato di solfito-ossidasi. La diagnosi di questo raro disturbo metabolico dipende dall’indice di sospetto nella diagnosi differenziale di pazienti con convulsioni neonatali non responsive al trattamento, dal tono muscolare alterato, dall’atrofia cerebrale, dagli spasmi mioclonici, dalle difficoltà alimentari, lineamenti marcati del volto, dai calcoli urinari. Le neuroimaging sono sovrapponibili a quelle della sindrome ipossico-ischemica cerebrale. Bisogna quindi nel periodo neonatale differenziarla dalla encefalopatia ipossico-ischemica e dall’iperreflessia neonatale.
La diagnosi è sospettata dalla resistenza delle convulsioni alle terapie antiepilettiche, dai bassi livelli ematici di acido urico in tutti i pazienti, sulla positività del sulfite strip test e sugli alti livelli urinari di tiosolfati e sulla assenza dell’attività della sulfito-ossidasi sulla cultura dei fibroblasti cutanei. La terapia contempla la alimentazione con restrizione di metionina e la supplementazione di solfati e cisteina e la somministrazione precoce di piranopterina monofosfato ciclica (cPMP) e/o fosdenopterina (una forma sintetica di cPMP).
Conclusioni
Attualmente si intravede una positiva prospettiva per i soggetti affetti da tale deficit. Un team internazionale di esperti specialisti, guidati da GUNTER SCHWARZ, Direttore dell'Istituto di biochimica dell'Università di Colonia, ha confermato l'efficacia e la sicurezza del trattamento con cPMP ricombinante (rcPMP), eventualmente associato con la fosdenopterina, una forma sintetica di cPMP.
Tale terapia, i cui risultati sono stati pubblicati sul Journal of Inherited Metabolic Disease, ha avuto straordinari risultati, evidenziando una significativa riduzione del rischio di morte precoce nei pazienti trattati, rispetto a quelli non trattati.
I piccoli sottoposti a tale terapia hanno mostrato, nel tempo, una notevole riduzione dei biomarcatori urinari della malattia ( solfocisteina e xantina ), mentre nei soggetti non trattati ciò non è stato evidenziato.
Inoltre un precoce intervento terapeutico, entro le prime due settimane di vita, può radicalmente cambiare la prognosi di questa malattia. Fondamentale è riconoscere la malattia precocemente, nei primi giorni di vita.
Un buon esame clinico-anamnestico, un test per l'identificazione dei solfiti nelle urine, l'ipo-uricemia, bassi livelli di omocisteina nel plasma, possono rapidamente orientarci.
La diagnosi definitiva è data dalla coltura di fibroblasti cutanei, dalla presenza di lesioni cistiche nella sostanza bianca del cervello, nei gangli basali e nel talamo, dalla presenza di ipoplasia cerebellare e da alterazioni ulegiriche nella corteccia.
Si può anche ricorrere alla diagnostica pre-natale dosando l'attività enzimatica dei villi coriali (livelli di S-sulfo cisteina nel liquido amniotico).
Se risulta una positività anamnestica familiare per mutazioni genetiche, bisogna praticare l'analisi genetica del DNA.
Bibliografia
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